Il nostro ordinamento prevede l’opposizione a decreto ingiuntivo, una procedura da utilizzare quando si vuole contestare ed evitare il pagamento della somma pretesa, entro 40 giorni dalla data di notificazione dell’atto giudiziario, contenente l’ordine di pagamento.
Superato predetto termine, il debitore o paga le somme contenute nell’ordine di pagamento o il decreto ingiuntivo si trasforma, su ordine del Giudice, in definitivo e quindi esecutivo con il pignoramento dei beni del debitore.
In caso di opposizione a decreto ingiuntivo è obbligatorio procedere con la mediazione nelle seguenti materie:
- condominio;
- diritti reali;
- divisione;
- successioni ereditarie;
- patti di famiglia;
- locazione;
- comodato;
- affitto di aziende;
- risarcimento del danno da responsabilità medica e sanitaria o da diffamazione a mezzo stampa o con altro mezzo di pubblicità;
- contratti assicurativi, bancari e finanziari;
- obbligazioni contrattuali relative al rispetto delle misure di contenimento o comunque disposte durante l’emergenza sanitaria da Covid-19.
In caso di opposizione a decreto ingiuntivo, la mediazione obbligatoria si impone dopo la pronuncia sulle istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione.
Facciamo un esempio pratico di opposizione a decreto ingiuntivo:
Tizio ha chiesto ed ottenuto un decreto ingiuntivo da parte del Tribunale nei confronti di Caia, poiché quest’ultima non ha pagato i canoni di affitto di uno spazio dato in locazione per due eventi artistici importanti.
Caia si oppone al decreto ingiuntivo e chiede la revoca.
Il Giudice concede la provvisoria esecuzione del ricorso e fissa a 15 giorni la scadenza per la proposizione della domanda di mediazione obbligatoria, ex art. 5 comma 1-bis del D.Lgs. n.28/2010.
Chi, a questo punto, deve attivare la procedura di mediazione?
Gli operatori del diritto si sono interrogati più volte su chi avesse l’onere di promuovere il procedimento di mediazione poichè spesso, il Giudice, ordinando la mediazione, non specifica se questa debba essere attivata dal creditore opposto o dal debitore opponente, creando così molte perplessità e molta preoccupazione sul punto.
Del resto, il mancato esperimento della mediazione obbligatoria da parte del debitore opponente, comporterebbe l’improcedibilità della domanda giudiziale con la conseguenza che il decreto ingiuntivo diventi definitivo.
Al contrario, se l’attivazione spettasse al creditore opposto, il decreto perderebbe ogni efficacia in caso di inerzia e andrebbe revocato.
Quest’ultimo orientamento si fonderebbe sul fatto che, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, è il creditore ad essere l’attore sostanziale e, quindi, il titolare dell’onere della prova.
Sul contrasto, però, si sono pronunciate finalmente le Sezioni Unite della Cassazione con sentenza n. 19596, pubblicata il 18 settembre 2020, in base alla quale è il creditore ad avere l’onere di avviare il procedimento di mediazione.
In particolare, “nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell’art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010, i cui giudizi vengano introdotti con un decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l’onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo”.
Pertanto il mancato esperimento della mediazione comporterebbe la decadenza del decreto ingiuntivo opposto. Le diverse conseguenze di inerzia delle parti:
- se l’onere è a carico dell’opponente e questi non si attiva, l’opposizione sarà dichiarata improcedibile e il decreto diverrà irrevocabile; quindi ci sarà un risultato definitivo (definitività);
- se invece l’onere è a carico dell’opposto, la sua inerzia causerà sì l’improcedibilità e la revoca del decreto ingiuntivo, ma non gli impedirà di riproporre la domanda; quindi ci sarà un effetto solo provvisorio, senza alcuna preclusione, consentendo al creditore di riproporre la medesima azione.
Ciò che risalta, nella sentenza delle Sezioni Unite – quale monito prezioso per tutti noi – è il richiamo al principio costituzionale della ragionevole durata del processo.
Al giorno d’oggi tutti sono sensibilizzati nei confronti dell’ambiente, si parla di cibo sostenibile, di battaglie contro un pianeta di serie B, ma di “Giustizia moderna, ecologica, che funzioni e che faccia bene” (?!)
La mediazione civile e commerciale si prefigge questo obiettivo, salvaguardando il principio sopra richiamato ed offrendo una risposta immediata e ottimale alla domanda di giustizia di cittadini e imprese.
Anche ora, soprattutto ora, in un tempo storico particolare, ove il fattore incertezza, legato alla pandemia, ha un peso rilevante all’interno della relazione tra creditore/debitore.